///Vangelo e commento di Don Luigi Maria Epicoco///
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 12,1-12
In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]:
«Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero.
Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna.
Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?».
E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.
Parola del Signore.
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Commento al Vangelo Mc 12, 1-12
L’immagine che usa Gesù nel Vangelo di oggi è di grande efficacia. Infatti attraverso la storia del padrone della vigna Egli indica chiaramente che la più grande illusione che noi uomini coltiviamo è l’illusione del possesso. Viviamo come se questa nostra vita ce la fossimo data da soli. Ma questa vita non ce la siamo data da soli ma l’abbiamo ricevuta.
Il padrone della vigna è lui in prima persona a faticare, e solo in un secondo momento consegna il frutto della sua fatica alle cure dei vignaioli:
“Un uomo piantò una vigna, vi pose attorno una siepe, scavò un torchio, costruì una torre, poi la diede in affitto a dei vignaioli e se ne andò lontano”.
Anche noi entriamo in scena solo dopo che abbiamo ricevuto come dono la vita, a patto però di non dimenticare che non ne siamo i padroni e che c’è differenza tra l’essere creature ed essere creatori.
Quando si vive invece pensando di essere Dio accade che si comincia a vivere con pretesa e sulla difensiva perché non si accetta in nessun modo che qualcuno possa arginare la nostra illusoria onnipotenza.
Molte persone vivono e agiscono come se fossero i padroni del mondo, dimenticando soprattutto che prima o poi dovranno anch’essi morire e proprio per questo rendere conto di ciò che hanno fatto.
Il vangelo non vuole dirci che Dio fa doni che poi rivuole indietro, ma che fa doni che non devono però incattivirci.
Se ci dona intelligenza essa non va usata come arma. Se ci dona bellezza essa non va usata per disprezzare. Se ci dona salute essa non va usata per vivere di eccessi.
Ogni cosa è dono ma ogni dono contiene al suo interno un’intima chiamata alla responsabilità. Chi non comprende questo pacificamente lo comprenderà traumaticamente, perché tutti, ma proprio tutti, alla fine dobbiamo fare i conti con sorella morte.
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Santo del giorno: San Bonifacio, vescovo e martire