///Vangelo e commento di Don Luigi Maria Epicoco///
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 26,14-25
In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».
Parola del Signore.
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Commento al Vangelo Mt 26, 14-25
Ancora una volta il Vangelo ci racconta la scena dell’ultima cena. Questa volta è la versione che ne dà l’evangelista Matteo. È grazie a lui che sappiamo il prezzo pattuito affinché Gesù fosse consegnato:
“Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: «Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo”.
La somma di trenta monete è la stessa che a quei tempi ti permetteva di poter comprare un somaro o uno schiavo. Gesù viene quantificato con il prezzo di uno schiavo. Il suo valore incalcolabile viene ridotto al prezzo di un reietto della società.
Il gesto di Giuda rende visibile quanto possa essere grande l’amore che Gesù ha per ciascuno di noi. Pur di salvarci si fa schiavo. Pur di rendere visibile l’amore del Padre egli accetta di essere annoverato tra i malfattori.
Ma la cosa che colpisce è che il segno del tradimento si mescola con quello della prossimità più intima:
“Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà”.
Mangiare dallo stesso piatto e tradire, in questo racconto si mescolano tra di loro. Dobbiamo stare attenti a pensare che siccome viviamo una certa intimità con Dio (ci accostiamo ai sacramenti, partecipiamo alle liturgie, preghiamo, compiamo gesti in suo nome) allora automaticamente siamo dalla parte giusta.
Potrebbe accadere che nonostante questa intimità noi siamo radicalmente distanti da Lui perché il nostro cuore con i suoi ragionamenti contorti si è allontanato, si è perduto.
“Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto»”.
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Il tradimento di Giuda
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Santo del giorno: San Vincenzo Ferrer, sacerdote.