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GLI APPELLI DEL MESSAGGIO DI FATIMA

Per  una maggiore comprensione del messaggio che “Nostra Signora del Rosario” ci ha dato a Fatima, affidandolo ai tre Pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta, ogni sabato, escluso il primo sabato del mese, leggiamo e riflettiamo su  alcuni stralci dell’opera “ Gli Appelli  del messaggio di Fatima”  scritto da Suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato ( nome assunto da religiosa da Lucia dos Santos, pastorella di Fatima).

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Le  Famiglie dei Pastorelli 1

Inizio col rispondere alle domande che mi avete fatto sull’ambiente domestico dove il Signore andò a scegliere gli umili bambini per poter realizzare tramite loro i suoi disegni.

Erano due famiglie cristiane, unite fra di loro dai più stretti legami di parentela. Zia Olimpia era sorella di mio padre ed era stata sposata, in prime nozze, con un fratello di mia madre  da cui erano nati due figli: Antonio e Manuel. Morto il marito, si sposò con zio Marto, anche lui cugino…. di mia madre. Da questo secondo matrimonio nacquero  sei figli: Josè, Florinda, Teresa, Joao, Francisco e Jiacinta.

Ai miei genitori Antonio dos Santos e Maria Rosa, il Signore diede sette figli: Maria dos Anjos, Teresa de Jesus, Manuel dos Santos, Gloria de Jesus, Maria Rosa….. e Lucia de Jesus Rosa dos Santos, che ora vi parla.

Queste due famiglie erano così unite che i figli si sentivano a proprio agio sia a casa degli zii che in quella che in quella propria;  e con lo stesso piacere mangiavano in entrambe le case la focaccia ancora calda, appena uscita dal forno, imbottita di sardine fresche venute da Nazarè, oppure le sfoglie di baccalà o le fettine di salciccia tagliate dalla riserva lasciata per i consumi dell’anno. Altre volte era la cacciagione che in alcuni periodi dell’anno arrivava a rendere festoso  l’ambiente familiare; i conigli selvatici caduti nelle trappole fatte con perizia, le pernici catturate tra il fieno e le piantagioni di grano, i tordi imprigionati nei lacci montati sotto gli ulivi carichi di olive mature.

In realtà tutto il villaggio era così unito da sembrare una unica famiglia! Tutti sapevano in quale breccia del muro la padrona di casa lasciava le chiavi della porta quando si assentava. La vicina, se aveva bisogno di qualcosa, sapeva di poter andare a prendere ciò che le mancava; in seguito ogni cosa era puntualmente restituita.

Il piccolo villaggio di Aljustrel, che allora aveva appena trentatré famiglie,  si trovava nella parrocchia di Fatima……diocesi di Leira.

…….Come il resto della parrocchia, le due famiglie erano cristiane, povere, lavoratrici; dalla loro terra traevano quanto era necessario al loro sostentamento. I focolari erano benedetti dal sacramento del matrimonio; e la fedeltà coniugale pienamente rispettata. Ricevevano tutti i figli che il Signore voleva lo0ro concedere non come onere ma come un altro dono con cui Dio arricchiva le loro case, un’altra vita che avrebbe prolungato la loro nei tempi avvenire, un altro fiore che sbocciava nel loro giardino per profumarlo e rallegrarlo con i diversi aromi e toni della gioventù allegra e sorridente, un’altra anima, un’altra anima che Dio affidava alle loro cure affinchè, guidandola per le strade del cielo, divenisse un altro membro del Corpo Mistico di Cristo e un altro canto di lode alla gloria eterna.

Perciò erano ansiosi di portarli al fonte battesimale, per cancellare dalle loro anime la macchia drl peccato originale, renderli cristiani, figli di Dio ed eredi del Regno dei Cieli. Il battesimo, che non doveva venire oltre gli otto giorni dalla nascita, era motivo di grande festa per tutta la famiglia: tutti si riunivano per complimentarsi con i genitori che erano stati onorati con un altro dono di Dio. 

Era sulle ginocchia paterne e su grembo materno che i figli imparavano a pronunciare il santo Nome di Dio, a levare le loro innocenti manine per pregare al Padre del Cielo e conoscere quell’altra madre che, stringendo tra le braccia il Bambino Gesù, accoglieva anche loro con lo stesso affetto, perché lei è anche la loro Madre, e molto più potente, santa e bella di quella che sulla terra dondola la loro culla. Così in quelle anime delicate, pure e innocenti, cresceva la luce della fede con tale splendore che si irradiava nella vita futura, lungo tutte le strade. 

I genitori erano precisi nel mandare le loro creature al catechismo nella chiesa parrocchiale perché si preparassero nel migliore dei modi al grande giorno della Prima Comunione. E in casa essi stessi si trasformavano in maestri, dando un insegnamento durante il riposo pomeridiano e nelle preghiere serali……..Si sentivano orgogliosi quando, durante la catechesi o la Quaresima, i figli più piccoli venivano scelti dal Parroco per rispondere alle domande alle quali i più anziani non sapevano rispondere o avevano  ormai dimenticato. 

Il giorno della Prima Comunione di ogni figlio costituiva un solenne e intimo piacere per tutta la famiglia, perché Dio visitava ancora una volta la casa unendosi ad uno dei suoi membri in un vero colloquio. 

……. Nelle loro famiglie non c’era ricchezza di beni terreni che il mondo tanto apprezza; ma con il poco necessario per ogni giorno c’era pace, unione, gioia e amore, frutto di mutua comprensione, di reciproco perdono e accettazione delle debolezze insite nella natura umana. Così tutti erano felici: tutti stavano bene, perché  ognuno cercava di servire e dare gioia ai genitori e ai fratelli. Così  il poco bastava per molti, perché veniva messo in comune: tutto era di tutti.

…….Il precetto domenicale era osservato compiutamente, sia alla domenica che nei santi giorni di precetto. Alla mattina tutti assistevano alla santa Messa. Al pomeriggio c’era il riposo: i giovani si riunivano e si divertivano in allegria nel nostro cortile, all’ombra dei grandi fichi e sotto lo sguardo vigile dei genitori che in gruppi separati discorrevano dei lavori dei campi, giocavano a carte, ecc. Al tramonto, quando le campane della chiesa suonavano l’Ave Maria, tutti si alzavano in piedi e si scoprivano il capo tenendo in mano il tipico cappello, pregavano e si salutavano con il tradizionale “addio”……. Finita la cena, il padre intonava il ringraziamento con una litania di Padre nostro, Ave Maria e Gloria, per tutte le intenzioni che voleva chiedere; in seguito la madre guidava il rosario, o la corona dei sette misteri in onore alla Madonna dei Dolori.

……..Compiuti i sette anni, i bambini cominciavano a prendere parte ai lavori di casa e avviarsi alla vita del pastore. Come gli antichi Patriarchi e i Re, quasi tutte le famiglie avevano il loro gregge; erano pecore mansuete, che i bambini portavano a pascolare nei campi verdeggianti dei loro genitori………I bambini, avviati in così tenera età alla vita pastorizia, crescevano e si sviluppavano respirando l’aria pura dei campi, l’aroma dei semplici fiorellini di collina,  dell’erica, del rosmarino e delle ginestre che sbocciavano nei boschi, del ginepro e del pino, degli eucalipti che incoronavano le montagne, dei lecci, delle querce e degli ulivi che si stendono sulla costa, degli enormi castagni e degli alberi da frutta che compaiono nei campi e adornano i cortili…… Circondati dagli incanti della natura, le loro anime innocenti vivevano la nostalgia del soprannaturale, che la grazia fa intuire come un’incantevole ricchezza molto più grande. E quando il sole scendeva dietro i pini, al suono dei campanacci riportavano il loro gregge nella stalla e poi ne approfittavano per saltare e giocare intorno ai genitori ai quali i loro baci non bastavano mai, per la nostalgia che avevano provato. Così le loro anime brillavano come la luce del sole, e il sorriso dei loro occhi era limpido come l’acqua cristallina delle fonti. Solo il Cielo riservava loro una speranza più elevata: era la fede che li stimolava a guardare più in alto, ad un sorriso più vero e ad un tesoro di maggiore valore. Le loro anime pregavano; tra le braccia paterne trascorrevano riposando le notti serene, il sonno tranquillo dell’abbandono senza preoccupazioni.