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Gli Appelli del messaggio di Fatima

Per  una maggiore comprensione del messaggio che “Nostra Signora del Rosario” ci ha dato a Fatima, affidandolo ai tre Pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta, ogni sabato, escluso il primo sabato del mese, leggiamo e riflettiamo su  alcuni stralci dell’opera “ Gli Appelli  del messaggio di Fatima”  scritto da Suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato ( nome assunto da religiosa da Lucia dos Santos, pastorella di Fatima).

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Appello alla vita di piena consacrazione a Dio

Diciottesimo appello del Messaggio (Parte 4° di 4)

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E altrove, lo stesso apostolo ci dice: « Ciascuno rimanga nella condizione in cui era quando fu chiamato. Sei stato chiamato da schiavo? Non ti preoccupare; ma anche se puoi diventare libero, profitta piuttosto della tua condizione! Perché lo schiavo che è stato chiamato nel Signore, è un liberto affrancato del Signore! Similmente chi è stato chiamato da libero, è schiavo di Cristo. Siete stati comprati a caro prezzo: non fatevi schiavi degli uomini! Ciascuno, fratelli, rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando è stato chiamato. (…) Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo poi lo dico per il vostro bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene uniti al Signore senza distrazioni » (1 Cor 7,20-24.32).

Lo scopo principale del nostro voto di castità è questo: essere liberi dalle occupazioni della terra per meglio dedicarci al servizio del Signore, amarlo più puramente, e solo lui, con la purezza del nostro cuore, la purezza dei nostri affetti e la purezza del nostro corpo, per vivere più pienamente l’unione intima con Cristo.

«Non sapete – dice ancora l’apostolo san Paolo – che i vostri corpi sono membra di Cristo? (…) Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. Fuggite la fornicazione! (…) O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo! » (1 Cor 6,15-20). Con il voto di castità siamo doppiamente consacrati a Dio: egli è il nostro tempio e noi siamo il luogo della sua dimora. Così ci dice san Giovanni nell’Apocalisse: «Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. (…) Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, poiché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la gloria e l’onore delle nazioni. Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette abominio o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello » (Ap 21,22-27).

Come è meravigliosa la nostra piena donazione al Signore! Con essa siamo stati iscritti nel Libro della Vita dell’Agnello. Così dice il Signore: « Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio »(Mt 5,8) . Ma già in questa vita le anime pure godono di una speciale intimità e conoscenza di Dio, che si comunica a loro e si manifesta in Cristo: « Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare » ( Mt 11,27). E a chi si deve rivelare Dio se non alle anime pure? Sono esse le prescelte – nell’espressione di san Paolo – « a lode della sua gloria » ( Ef1,14) . Il voto di povertà ci unisce a Cristo povero distaccato dai beni della terra per potersi dedicare completamente all’opera che il Padre gli ha affidato. E, secondo queste sue parole rivolte al Padre ci è riuscito: « lo ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare » (Gv 17,4). È anche questo il motivo del nostro voto di povertà: affinché, distaccati dai beni della terra e dalle preoccupazioni che essi portano con sé, possiamo, in unione con Cristo, compiere la missione che il Padre ci ha affidato.

Un giovane ricco si recò da Gesù « e gli disse: “Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?”. Egli rispose: “(…) Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. Ed egli chiese: “Quali?”. Gesù rispose “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso”. Il giovane gli disse: “Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?”. Gli disse Gesù: “Se vuoi essere perfetto, va’ vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi”» (Mt 19,16-21). A seguirlo più da vicino, Gesù Cristo non vuole persone attaccate ai beni della terra, perché questi beni accecano e impediscono la vita di apostolato e di dedizione piena ed esclusiva a Dio. A coloro che lasciano tutto per seguirlo il Signore nel tempo presente dà in cambio l’indispensabile per vivere, invitandoli ad abbandonarsi alla Divina Provvidenza che si prende cura di tutti; e nell’eternità, un tesoro in cielo.

Ecco come Gesù ci esorta alla fiducia e all’abbandono nel Padre Celeste, che non ci dimentica mai. «Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta » (Mt 6,25-33).

Ma Gesù ci esorta anche a mettere i nostri tesori in un luogo sicuro: il Cielo: «Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore » (Mt 6,19-21).

A questo serve il nostro voto di povertà: affinché il nostro cuore riposi solo in Dio e allora il nostro Dio avrà cura di noi; e tutto ciò di cui abbiamo bisogno ci verrà dato in aggiunta. Di questa verità ho io stessa una bella testimonianza! Lasciai definitivamente la casa paterna a tredici anni senza preoccuparmi di come mi sarei vestita, né di cosa avrei mangiato; mi abbandonai interamente alla divina Provvidenza per seguire la volontà di Dio, e fino ad oggi, senza regalie, che non ho mai preteso, non mi è mai mancato il necessario. La generosità di Dio è presente nella risposta data da Gesù a san Pietro quando egli volle sapere quale sarebbe stata la ricompensa di coloro che lasciano tutto per seguirlo: « In verità vi dico: (…) Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna » (Mt 19,28-29).

La frase riceverà cento volte tanto ci mostra che ciò che Gesù Cristo vuole, da coloro che per amor suo rinunciano al diritto di possedere beni materiali, non è che vivano senza il necessario; se così fosse, non avrebbe promesso loro il centuplo: « Riceverete già al presente cento volte tanto » (Mc 10,30). Ciò che Gesù Cristo ci chiede, e ciò che significa il voto di povertà, è di rinunciare al diritto di possedere beni propri e di servirci di tutto quanto ci necessita ma ricevendolo come fosse in elemosina e utilizzandolo a titolo di prestito. Così il nostro cuore rimane staccato dai beni della terra per aspirare ai beni del cielo: « Beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli » (Mt 5,3).

La missione delle persone consacrate è di lavorare e santificarsi in unione con Cristo per il Regno dei Cieli. Così ogni consacrato è un altro Cristo in terra, un altro agnello inviato da Dio per togliere i peccati del mondo. Il modo di compiere questa missione è dare la vita: « Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto » (Gv 12,24). È attraverso la morte che otteniamo la vita, ed è attraverso questa vita che ci salviamo dalla morte. È in questo senso che poi il Signore ci dice: « Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà » (Gv 12,25-26). Questa gloria è la gloria delle persone consacrate: la gloria che esse aspettano da Dio e che le innalza a Dio. Possono in qualche modo dire come Gesù Cristo e con lui: « Per questo sono giunto a quest’ora! » (Gv 12,27).

È stato per questo che, là sulle colline, accanto al re degli astri del cielo impallidito dalla presenza della luce di Dio, il Messaggio ci ha voluto mostrare un barlume della gloria che godono coloro che già si trovano in possesso del Regno dei Cieli, ma che sulla terra ci hanno tracciato il cammino verso il Cielo con l’esempio delle loro vite e la luce della loro dottrina: Gesù, Maria e Giuseppe!

Ave Maria!