Accogliamo l’invito della Santissima Madre!
Suor Lucia, nel suo libro “Memorie”, racconta che il 10 dicembre 1925 ha una apparizione: ” Mi apparve la Vergine Santissima e al suo fianco un Bambino, la Madonna gli teneva la mano sulla spalla e, contemporaneamente, nell’altra mano reggeva un cuore circondato di spine. In quel momento il Bambino disse:
” Abbi compassione del Cuore Immacolato della tua Santissima Madre, che sta coperto di spine che gli uomini ingrati in tutti i momenti Vi infiggono, senza che ci sia chi faccia un atto di riparazione per strapparle“.
e subito la Vergine santissima aggiunse:
“Guarda, figlia mia, il Mio Cuore coronato di spine che gli uomini ingrati a ogni momento Mi conficcano, e dì che tutti quelli che per cinque mesi, nel primo sabato, si confesseranno ricevendo poi la santa Comunione, diranno un rosario, e Mi faranno 15 minuti compagnia meditando sui 15 misteri del rosario, coll’intenzione di darMi sollievo, Io prometto di assisterli, nell’ora della morte, con tutte le grazie necessarie alla salvezza di queste anime“.
PRIMO MESE
Vedi Santo Rosario – Cenacolo familiare
Meditazione sui misteri della Gioia
1° Mistero: L’annunciazione dell’angelo a Maria Vergine
(L’Angelo Gabriele) entrando da lei, disse” Rallegrati, piena di grazia,: il Signore è con te. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”(Lc 1, 28-31)
“ Potete discutere quello che volete, ma una cosa è certa: noi sappiamo, voi ed io, che la sola scienza non esaudirà mai ogni ideale umano, e che la pace dell’uomo, la fonte della vita, la salvezza dalla disperazione per tutti gli uomini e la garanzia di salvezza per l’universo intero si racchiude nelle parole:
“Dio si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi”.
Cosi si esprimeva lo scrittore russo Fédor Dostoevski contemplando il Mistero del Verbo di Dio che si incarna nel grembo verginale di Maria Santissima.
La nostra salvezza eterna dipende non solo dalla misericordia infinita del Padre che ci dona il Figlio («Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio»), ma anche dall’umile «Si» della Vergine Maria, che accoglie quel bambino che riconcilierà gli uomini con Dio attraverso il suo Sacrificio della croce. E’ un atto di amore, il più grande che c’è stato e mai vi sarà nella storia del genere umano: Dio si allea con gli uomini venendo Egli stesso nella carne e chiamando una sua creatura, la più bella mai apparsa sulla terra, con il nome di “mamma”. La Vergine Maria dà il suo consenso, e da quel momento tutto cambia: Dio si incarna in Lei. San Luigi Grignion de Montfort scrive che dopo il «Fiat» di Maria Santissima lo Spirito Santo non si posò su di Lei, ma corse in Lei, come se avesse urgenza, come se questo bisogno di unire i due poli della divinità con l’umanità fosse un desiderio irrefrenabile di Dio, tanto Egli amava e ama la sua creatura. No, Dio non è un’impassibile divinità che rimane nel suo Cielo, distante dagli uomini; Dio non è immobile e fermo, perché Dio è amore, e l’amore dice movimento, dono di sé, e al tempo stesso Egli è ricezione dell’altro, volontà infinita di vivere nell’altro e per l’altro.
E, se Dio è amore, noi che siamo a sua immagine e somiglianza, vogliamo a nostra volta cercarlo e amarlo.
Attraverso l’Annunciazione e il «Si» di Maria questa unione si compie. Contempliamo in Maria Santissima allora la vera Arca dell’Alleanza, il vero tempio di Dio, Colei che porta Gesù nel mondo, e adoriamo il progetto divino che da sempre attendeva questo momento.
Diciamo infatti nel Credo: «Per noi e per la nostra salvezza discese dal Cielo». Per la nostra salvezza Egli corse dal Cielo, per noi e per la nostra salvezza la Vergine Maria disse il suo «Si». Adoriamo l’incarnazione del Verbo, e al tempo stesso ci togliamo i sandali, come Mosè, contemplando questo momento in silenzio, perché la sua rovente densità di Amore ci supera infinitamente.
2° Mistero: La visita di Maria Santissima a S. Elisabetta
Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo” (Lc 1,41-42)
Dopo avere contemplato nel primo mistero gaudioso il verginale e santissimo grembo della Vergine Maria, osserviamo ora i suoi santi piedi che, calzati immediatamente i sandali, corrono verso la cugina Elisabetta.
E’ ancora piena di stupore per la divina gestazione, e già si muove verso colei che ha bisogno. Elisabetta che era anziana, ha decisamente bisogno di aiuto per portare avanti l’insperata gravidanza. Anche Elisabetta, che non sa dell’arrivo dell’amata cugina, si trova nello stato d’animo della meraviglia e di gratitudine: dopo tanti anni, e quando ormai pensava che non fosse più possibile, era finalmente rimasta incinta, e quanto era successo al marito, rimasto muto, compresa la storia dell’angelo che aveva preannunciato questa gravidanza, avvolgeva tutto in un alone di mistero.
Ella sapeva che vi era stato un intervento speciale dell’Altissimo, ma non riusciva a capacitarsi di quanto realmente stava accadendo.
Si sa che le opere di Dio non sempre si capiscono tutte fin dall’inizio.
Ecco dunque il momento dell’incontro. I piedi della Vergine varcano finalmente la soglia del cancello della casa del sacerdote Zaccaria e le due cugine si incontrano, si guardano, si abbracciano. Succede l’imponderabile: il bambino dell’uno riconosce quello dell’altra, e lo spirito di Verità investe Elisabetta: «A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me?», Ella non sapeva nemmeno che Maria fosse incinta, ora invece afferma senz’ombra di dubbio che quel bimbo in grembo alla Madonna era niente meno che «il suo Signore». Quello che molti in Israele rifiuteranno in seguito di riconoscere, ella subito lo saluta, senza nemmeno vederlo.
La Vergine Maria non si perde in spiegazioni. Stupita ancora di più del fatto che in un secondo Elisabetta abbia saputo e capito tutto, innalza il suo canto: «L’anima mia magnifica il Signore.». Non uno sguardo su di sé, non la curiosità di sapere come Elisabetta avesse potuto conoscere il suo stato di gestazione, ma subito, immediatamente, la lode a Dio! Le donne non si perdono in discorsi vani, casalinghi: esse non sanno più contenere la gioia per quello che Dio ha operato gratuitamente e magnificamente in tutte e due. Non dovrebbe essere così, per noi, per ogni incontro con le persone di fede? Quando due persone vivono in grazia di Dio, è da supporre che Cristo viva in loro. Perché quando tra noi cristiani ci incontriamo, non facciamo esplodere lo stesso inno di lode? Forse perché non viviamo nella meraviglia e nello stupore di quanto portiamo nel nostro cuore, non realizziamo cosa significhi la divina inabitazione di Dio in noi. Se siamo troppo presi dalle cose del mondo, difficilmente potremmo lodare Dio. Le due donne erano, seppure in maniera diversa, “ vuote di sé e piene di Dio”. Il loro incontro è pura celebrazione dell’amore di Dio.
3° Ministero: La nascita di Gesù
( Maria) diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio (Lc 2,7)
Nel secondo mistero gaudioso abbiamo celebrato i piedi della Vergine Maria, che veloce va dalla cugina Elisabetta. Nel terzo vediamo le sue braccia. Gesù nasce nella grotta di Betlemme, finalmente la Vergine Maria può stringere a sé suo figlio, che è il Figlio di Dio, vederlo, contemplarlo. Cielo e terra si uniscono in questo abbraccio, e oggi è solo la pura gioia dell’incontro, l’adorazione più profonda e inimmaginabile che si possa pensare.
“ Mostrami il tuo volto”, fu il grido di Mosè rivolto al Cielo : egli voleva giustamente vedere Dio. E’ il bisogno di tutti gli uomini: poter vedere Dio. Ma solo ora Egli si fa visibile; non solo, ma si fa anche tenere tra le braccia. La prima che lo accoglie è la vergine Maria.
Il parto di Maria Santissima non è stato come quello di tutte le altre donne prima di lei e di tutte quelle che verranno dopo di lei: al momento della nascita un momento ineffabile e indicibile ha portato “fuori” dal suo corpo Colui che era dentro, ed Ella, nella luce, lo accoglie tra le braccia. La Madonna è vergine prima del parto, dopo il parto, ma anche durante il parto. Nulla di difficile in questo, da parte di Dio. Come Egli è “entrato” in Lei in modo sovrannaturale, cosi anche “è uscito” da Lei allo stesso modo. Solo il razionalismo o la grossolanità o la mancanza di fede fa ritenere che questo non sia stato possibile. Ma l’angelo nove mesi prima glielo aveva detto: «Nulla é impossibile a Dio». E Maria é la prima che assiste a questo miracolo: dopo il grembo santissimo della Vergine Maria, ora la casa di Gesù diventa questo mondo, che Egli dovrà portare sulle spalle e riscattare facendosi inchiodare su una croce. Oggi l’estasi è completa, nella prima adorazione vera della storia: prima Maria, poi Giuseppe, poi quei benedetti pastori… Tutto si svolge nell’intimo, perché chi adora Dio deve adorarlo «in spirito e verità». Maria è la prima vera adoratrice, e la sua verginità perpetua diviene il sigillo e la garanzia di questa profonda e totale appartenenza a Dio. Anche gli angeli del Cielo, gli annunciatori, sono andati via, ora non rimangono che gli uomini, che possono adorare il miracolo di Dio che ha preso carne, che si è fatto visibile, che inizia il suo cammino nel mondo, che è venuto con noi per non lasciarci soli, immersi nei nostri peccati, per sconfiggere finalmente Satana e i suoi angeli ribelli, per farci conoscere il volto del Padre, per indicarci e aprirci la via del Cielo. Tutto questo, ora, è nell’unico atto: Maria che accoglie Gesù nella grotta di Betlemme e lo stringe tra le braccia.
4° Mistero: La presentazione di Gesù al tempio.
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino al Gerusalemme per presentarlo al Signore (Lc 2,22)
Secondo le prescrizioni della Legge d’Israele, ogni maschio primogenito doveva essere offerto al Signore ed essere sacro a Lui. il bambino veniva portato al tempio e il sacerdote lo offriva a Dio, dichiarandolo “sua proprietà”. Una volta compiuto tale rito poi, come a sigillare questo patto, Il piccolo veniva restituito ai genitori e al suo posto, sull’altare del tempio, veniva sacrificato un agnello o altri animali di taglia minore. Maria e Giuseppe dunque compiono il rito prescritto dalla legge, come avrebbero fatto tutti i genitori il cui primo figlio era nato maschio; ma quel giorno successe qualcosa di speciale perché, senza che il sacerdote se ne rendesse conto, egli offriva al Padre, Dio stesso, ossia il Figlio divino. Quel bambino, infatti, era Dio, l’eterno, l’ineffabile, l’indicibile. Dio entra così nel suo tempio per essere offerto a sé stesso, il Figlio al Padre, ed essere poi restituito, per il compimento della propria missione, agli uomini. E’ tutto un movimento di braccia: Maria da il figlio al sacerdote, egli lo eleva a Dio e prega su di lui, poi lo porge di nuovo ai genitori. Il Figlio entra nel luogo che gli è proprio, il tempio, e anticipa quello che poi compirà 33 anni più tardi sul Golgota: l’offerta di Sé come vero agnello immolato per la riparazione dei peccati, per strappare l’umanità da Satana e dare così gloria al Padre. Questa anticipazione del dramma della croce avviene ora nella solenne liturgia dell’offerta, ed è la Vergine che dona il Figlio al sacerdote.
Compiuto il rito, avverrà un altro improvviso e imprevisto movimento di braccia, un altro trasferimento: il vecchio Simeone si fa avanti e chiede alla Madre di poter avere tra le braccia quel bimbo, che Egli sapeva essere, per ispirazione divina, il Figlio dell’Altissimo, l’atteso dalle genti, il Messia e il liberatore. Pur essendo questo anziano un perfetto sconosciuto, la Vergine glielo porge.
Dopo averlo dato al sacerdote, ora lo dona agli uomini. Contempliamo in questi gesti tutta l’apprensione, tutta la tenerezza della Madre, che sa di avere la missione non solo di avere portato in grembo il Salvatore, ma anche di doverlo dare agli uomini, poveri peccatori, che senza Gesù rimangono immersi nelle tenebre.
No, la luce è arrivata. «Luce per illuminare le genti», canta Simeone commosso, ebbro di gioia.
5° Mistero: Il ritrovamento di Gesù fra i dottori del tempio
“Perché mi cercavate? Non sapete che io debbo occuparmi delle cose del Padre mio? ” Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore (Lc 2, 49-51b)
Può sconcertare, a prima vista, l’episodio di Gesù dodicenne che rimane a Gerusalemme mentre Maria e Giuseppe ritornano a Nazareth.
Il testo del Vangelo ci parla dell’angoscia terribile che vissero i genitori quando si accorsero di non avere il bambino con sé, e vi è da capirli: Dio aveva affidato loro il suo Figlio unigenito ed ecco che essi ora lo smarriscono. Non era così facile, al tempo, trovare un bambino in una grande città, senza avere alcun punto di riferimento; non vi erano i mezzi moderni delle telecamere, degli appelli in radio, televisione o internet. Sappiamo anche che Gesù fece apposta a rimanere a Gerusalemme senza avvertire. Avrebbe in effetti potuto dire a Giuseppe e Maria che aveva una cosa importante da fare, che essi andassero pure avanti e che li avrebbe raggiunti più tardi; i due sarebbero allora stati sorpresi, certamente, ma non avrebbero provato quell’angoscia inenarrabile.
Non avendo più Gesù con loro, essi in qualche maniera smarrirono anche sé stessi e tutto, nella loro vita, vacillò. Perché Gesù fece soffrire cosi Maria e Giuseppe, proprio le persone che lo amavano più di tutti al mondo? Egli li sottopose a una prova di purificazione che non si sarebbero aspettati nè immaginati. Tre giorni di ansia e di ricerca, poi alla fine la gioia esplosiva del ritrovamento. Nulla infatti si apprezza di più quanto il poter tornare in possesso di qualcosa di grande valore che si pensava irrimediabilmente perduta: si passa in un istante dalla morte alla vita. Ne fece esperienza lo scrittore Fèdor Dostoevskij il quale, condannato a morte per fucilazione, proprio davanti al plotone di esecuzione si vide improvvisamente commutata la pena in anni di carcere. Egli commentò: «Questa è una gioia troppo grande per un uomo».
Cosi è nella vita spirituale: Dio si nasconde per farsi cercare, affinché la gioia del ritrovamento ci dia il senso di che cosa significhi stare senza Dio.
Anche la sposa del Cantico dei Cantici è soggetta a questo continuo movimento: l’amato bussa alla porta, ma quando ella apre, egli non c’è più. Allora esce di corsa, lo insegue, lo cerca affannosamente. Lo ritrova, poi lo perde di nuovo, affinché ella lo cerchi con maggiore vigore. Questa è la vita spirituale: l’amore che si purifica sempre di più, affinché diventi assoluto, affinché si capisca e si intenda che senza Dio non possiamo resistere, affinché siamo disposti a buttare via tutto quello che non è Lui pur di possederlo, e possederlo per sempre. Si, la gioia del ritrovamento è una gioia troppo grande per un uomo.
(Meditazioni di Padre Serafino Tognetti)