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Pia pratica “Primi cinque sabati del mese”

Accogliamo l’invito della Santissima Madre!

Suor Lucia, nel suo libro “Memorie”, racconta che il 10 dicembre 1925 ha una apparizione: ” Mi apparve la Vergine Santissima e al suo fianco un Bambino, la Madonna gli teneva la mano sulla spalla e, contemporaneamente, nell’altra mano reggeva un cuore circondato di spine. In quel momento il Bambino disse:

” Abbi compassione del Cuore Immacolato della tua Santissima Madre, che sta coperto di spine che gli uomini ingrati in tutti i momenti Vi infiggono, senza che ci sia chi faccia un atto di riparazione per strapparle“. 

e subito la Vergine santissima aggiunse:

Guarda, figlia mia, il Mio Cuore coronato di spine che gli uomini ingrati a ogni momento Mi conficcano, e dì che tutti quelli che per cinque mesi, nel primo sabato, si confesseranno ricevendo poi la santa Comunione, diranno un rosario, e Mi faranno 15 minuti compagnia meditando sui 15 misteri del rosario, coll’intenzione di darMi sollievo, Io prometto di assisterli, nell’ora della morte, con tutte le grazie necessarie alla salvezza di queste anime“.

QUINTO MESE

Vedi Santo Rosario – Cenacolo familiare

Meditazione sui misteri della Luce 

di padre Serafino Tognetti

Nel 1° Mistero della Luce contempliamo il Battesimo di Gesù nel Giordano 


Ed ecco in quei giorni, Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba (Marco 1, 9-10).

Gesù arriva sulle rive del Giordano, dopo trent’anni di vita nascosta. Nessuno sapeva chi Egli fosse; neppure il cugino, il famoso battezzatore Giovanni, lo aveva mai visto: egli sapeva che prima o poi lo avrebbe incontrato, ed era pronto ad indicarlo alle genti come Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, ma ancora non aveva mai visto il suo volto. Gesù finalmente arriva, chiede di essere battezzato, ed ecco che, all’uscita dall’acqua, lo Spirito santo scende dal Cielo e si posa su di Lui.

Che significato può avere questa “ presa di possesso” da parte dello Spirito Santo sul Figlio di Dio, il Verbo del Padre?
Non era Egli già ricolmo dello Spirito del Padre, essendo perfettamente Dio Egli stesso? Che cosa gli porta “in più” ora lo Spirito? Questa prima Pentecoste riguarda solo Gesù; poi verrà in seguito quella per tutti gli uomini, quando il sacrificio dell’Agnello sarà consumato, ma intanto la vita pubblica del Signore si apre con questa discesa dello Spirito Santo sul Cristo. Qualcosa certamente succede nella persona del Signore, nel momento in cui lo Spirito si posa su di Lui. Prima era agli occhi del mondo solo “ il figlio del falegname”, non aveva alcuna visibilità; da quel momento in poi si manifesta in Lui la potenza di Dio affinché Egli viva in pienezza ciò per cui è stato inviato. Prima era raccolto in silenzio a Nazareth, ora inizia a parlare. Prima la sua azione era ordinaria, ora comincia a guarire i lebbrosi, a sconvolgere i cuori, a resuscitare i morti. Subito dopo il battesimo, lo Spirito Santo, che ora agisce in Lui con potenza, lo “ spinge” prima nel deserto a lottare col Principe delle tenebre, poi ad affrontare le tenebre che covano nel cuore degli uomini, stanando i nemici interiori che ci rovinano. Egli diviene così in un giorno solo, agli occhi di Israele, il Signore, il dominatore, il Re eterno. No, non aveva di per sé “ bisogno” dello Spirito Santo Colui che soffierà lo Spirito sugli Apostoli nel Cenacolo, perché ne era ricolmo per natura, ma questo “scatto” in avanti deve rendere visibile la sua missione. Chi riceve lo Spirito Santo viene quindi inviato, ha un compito nel mondo: non può stare fermo o nascosto. Lo Spirito Santo invade ogni cosa, ma attraverso la santificazione dell’uomo. Il mondo, esteriormente, rimane quello che è, ma è anche vero che ora tutto è cambiato: lo Spirito di Dio è presente nel cuore dei cristiani, forma la Chiesa una e santa.

Noi battezzati abbiamo ricevuto lo stesso Spirito che discese su Gesù nel Giordano, esattamente lo stesso identico Spirito. E’ Lui quindi che ci spinge nel deserto a combattere Satana, è Lui che ci fa parlare in nome di Dio, è Lui che ci fa vincere le passioni, è Lui che ci dà coraggio nelle prove, è Lui infine che ci fa amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come noi stessi.

Nel 2° Mistero della Luce contempliamo Gesù alle nozze di Cana 

Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse:”Non hanno vino”. E Gesù le rispose:” Donna, che vuoi da me?Non è ancora giunta la mia ora”.Sua madre disse ai servitori:”Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Giovanni 2, 1-5).

Sembra una scena troppo domestica e comune per meritare di essere inserita nei Misteri del Rosario, da tenere in mente mentre si prega la Vergine Maria che interceda per noi – «Prega per noi peccatori». Certo, vi è un miracolo, un contenitore d’acqua che diventa recipiente pieno di vino, ma nei confronti delle grandi necessità dell’uomo, che cosa è mai questo? Anche a Cana quella sera nessuno quasi se ne accorse..

Ebbene, l’episodio merita invece questo posto nei misteri della luce perché apre l’intelligenza dei cuori sul ruolo di Maria Santissima nella Chiesa. Ella si accorge delle necessità degli sposi, e intuisce che il buon andamento del banchetto può essere compromesso dalla mancanza di vino. E una cosa da poco, se si vuole, ma per i padroni di casa in quel momento è importante. In situazione, nel concreto di quel frangente e di quel momento storico, tale mancanza è penosa e crea imbarazzo. La Vergine sa che l’unico modo per sovvenire a questo pur piccolo bisogno è l’intervento del Figlio, ed Ella glielo presenta, semplicemente mettendolo al corrente: «Non hanno più vino». Non una supplica, non una implorazione: è una constatazione. Ma chissà con quale voce, chissà con quale sguardo!

Gesù le resiste, perché le ricorda che non è iniziata ancora la sua vita pubblica, la grande stagione della predicazione, dei miracoli, dell’annuncio del Regno di Dio. Dicendo però che non era ancora giunta la sua ora, Gesù ci anticipa e ci annuncia che vi sarà uni ora futura, quella nella quale stenderà le bracca tra il cielo e la terra per compiere il sacrificio redentivo. L’evangelista Giovanni scriverà, prima della Passione: «Sapendo che era giunta l’ora di passare da questo mondo al Padre…», e quel che segue è la lavanda dei piedi degli Apostoli. L’ora di Cristo è il momento della Passione.

E mentre Gesù annuncia tutto questo con una semplice parola detta sottovoce alla Vergine Maria, le obbedisce, e compie immediatamente il miracolo dell’acqua mutata in vino. Annuncia la Passione, e dona quanto la Madre le chiede, nello stesso momento.

Giustamente Maria è da considerarsi Mediatrice di ogni grazia (Cana) e Corredentrice (Golgota). Le due cose sono unite, perché Cana e Golgota sono legate dall’annuncio dell’Ora della salvezza.

Non a caso il vino è segno e simbolo di qualcosa d’altro: vino nuovo in otri nuovi, perché qualcosa di totalmente nuovo è arrivato.

Il ruolo della Madre di Dio, da quel banchetto di Cana, si ripete ogni giorno: Ella fa presente al Figlio le nostre necessità, gliele mostra, gliele porge, e lo guarda. Ella, che fu a Cana come sotto la croce, attende che Gesù, attraverso ogni grazia che rice-viamo, ci trasformi. Ma Lei c’è sempre.

Ecco perché non possiamo non meditare questo mistero delle nozze di Cana mentre preghiamo umilmente: «Prega per noi peccatori… prega per noi peccatori!».

Nel 3° Mistero della Luce contempliamo l’annuncio del Regno di Dio e l’invito alla conversione 

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva:” Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo” ( Marco 1, 14-15).

II Signore Gesù Invia gli Apostoli a proclamare, nella Palestina del suo tempo, che il Salvatore è arrivato e che la gente si converta per poterlo accogliere. La messe è molta, c’è bisogno di raggiungere tutti, non si può sopportare che qualcuno rimanga escluso dalla conoscenza della Parola di Vita e che quindi non conosca il Salvatore e la Verità. Gli Apostoli prima, i discepoli poi, la Chiesa ora, vengono inviati nel mondo non per lasciare il mondo come si trova, ma per prepararlo, per esortarlo, per invitarlo ad accogliere l’unico Salvatore che è il Signore Gesù Figlio di Dio e Dio stesso. Questo comporterà anche dei contrasti e dei rifiuti, come avvenne peraltro a Gesù stesso, ma ciò non deve fermare gli annunciatori del Regno. «Convertitevi e credete al Vangelo» è il contenuto del primo messaggio, per risvegliare le anime. Questo va annunciato ovunque, nelle piazze come nel segreto delle stanze di casa, nei luoghi pubblici come in quelli privati, in ogni ora della notte e del giorno, in occasioni opportune e anche in quelle inopportune. Si tratta, infatti, di una questione di vita o di morte. Ogni battezzato è un evangelizzatore e un testimone, ed è suo preciso dovere e impeto annunciare la Verità che Egli conosce, senza paura o riserve. Lasciare il mondo nell’ignoranza non è quello che Dio vuole o prevede, perché i figli non devono essere lasciati senza il nutrimento della predicazione e del pane eucaristico. La nostra non è una dottrina tra le altre, una delle tante religioni che sono nel mondo e nelle tradizioni dei popoli, ma è la sola unica via di salvezza eterna, come afferma la Sacra Scrittura; dice infatti san Pietro riferendosi a Gesù: «In nessun altro c’è salvezza; non v’è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12). Tutti quindi devono conoscere il Cristo perché, come diceva Domenico Giuliotti, la tolleranza e indifferenza. San Luigi Grignon de Montfort era un predicatore missionario, andava per paesi e città ad annunciare il Vangelo. Quando arrivava nei paesi, entrava nelle bettole, nei luoghi di lavoro, nei casolari più isolati, nelle osterie e anche nei luoghi malfamati di peccato e scongiurava tutti di aprire il cuore e di convertirsi al Signore Gesù Cristo, che ci ama e offre Sé stesso per liberarci da ogni male. Non aveva timore o vergogna perché conosceva quella parola del Vangelo: «Chi si vergognerà di me, anch’io mi vergognerò di lui davanti al Padre mio che è nei Cieli».

Nel 4° Mistero della Luce contempliamo la trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor 

Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante (Luca 9, 28-29).

Come è possibile che tutta la divinità possa rimanere nascosta nella natura umana di Cristo? Quando Gesù operava in Palestina nel suo tempo storico, Egli era totalmente Dio, eterno e onnipotente, eppure gli Apostoli lo vedevano provare la fame, la stanchezza e la sete, vedevano che dormiva, mangiava, parlava e Camminava come tutti gli uomini. Dove era in Lui l’eternità, l’infinità, l’immensità della sua gloria? Fu la domanda che si pose la Chiesa primitiva quando definì il dogma della divinità di Gesù: come è possibile che Egli sia contemporaneamente perfetto uomo e perfetto Dio? Se per noi uomini è difficile concepire con l’intelligenza tale realtà, possiamo tornare a quel giorno, nel quale gli Apostoli videro Gesù totalmente immerso nella luce divina e a colloquio con persone reali e concrete, ma vissute secoli prima: Mosè ed Elia. Gesù spezza per qualche istante le barriere del tempo e dello spazio e gli Apostoli vedono – per quanto possa essere possibile a un essere umano – la realtà del loro Maestro. Alcuni teologi della Chiesa orientale dicono che il miracolo della Trasfigurazione non avvenne tanto nella persona di Gesù, ma negli Apostoli, nel senso che caddero come delle squame dai loro occhi ed essi videro quello che Gesù era sempre, anche nella normalità della vita quotidiana; videro il Signore per quello che Egli è.  Nella teologia occidentale è più comune il pensiero che tale visione fu data agli Apostoli perché essi si ricordassero che quel Gesù, che avrebbero visto umiliato dagli uomini e morto sulla croce, non era un semplice uomo, ma Dio. Lo avevano visto con i propri occhi, e dunque quel Gesù che soffriva e moriva era lo stesso che pieno di luce dominava il tempo e lo spazio. Entrambi i pensieri si possono tenere, perché alla fine il cammino della vita spirituale è proprio questa trasfigurazione: si passa da ciò che è finito e corruttibile a ciò che è eterno e glorioso. Tran-sfigurazione  significa  “cambiare figura”, e san Paolo ci dice che «passa la figura di questo mondo». E dove passa? Dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita. Sì, la nostra vita di cristiani e la partecipazione alla Trasfigurazione del Cristo. Noi siamo la luce del mondo, ci ha detto Gesù, e questa luce deve brillare nelle tenebre. Ma solo se siamo in Cristo, e mai senza di Lui. Anche noi conosciamo la stanchezza, le prove, la fatica del vivere, ma se siamo in grazia portiamo dentro di noi la luce immortale, la vita eterna, siamo in qualche modo anche noi fuori dallo spazio e del tempo, con la parte più intima e nobile della nostra anima, e questo ci fa vedere nuove tutte le cose, compreso il dolore.

Nel 5° Mistero della Luce contempliamo l’istituzione dell’Eucarestia 

“Prendete, mangiate: questo è il mio corpo”. Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati” (Matteo 26, 26-28).

Arrivato il momento. Gesù sta per andare a consumare il suo sacrificio sulla croce, a prendere su di sé ¡ peccati del mondo, a riscattare l’uomo dalle tenebre e a restituirlo al Padre, per dargli Gloria. «Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo», aveva detto tre anni prima san Giovanni Battista. L’ora è giunta. Gesù sta per consegnarsi, ma prima di compiere il suo sacrificio dona ai suoi Apostoli il sacramento con il quale Egli sarebbe sempre rimasto con i suoi nella Chiesa: il pane che diventa il suo stesso Corpo, affinché l’uomo si nutra di Dio stesso. Ineffabile, inimmaginabile dono di amore: l’uomo, che ha il naturale desiderio di vedere Dio, che nasce per vivere eternamente, riceve

Dio stesso come cibo di cui nutrirsi. Da quel momento in poi ogni solitudine è bandita, ogni battaglia è potenzialmente vinta: Dio è con noi, e noi con Lui! «Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo». Il verbo dell’ultima cena è un imperativo. Gesù non dice: «Mangi chi vuole», ma chiede di essere mangiato, lo desidera. In effetti, se vi è una fame di Dio da parte dell’uomo, vi è anche una fame di Dio che desidera l’uomo. Scrive don Divo Barsotti: «Nell’accostarti all’Eucaristia tu non devi soddisfare solo un tuo desiderio, ma la fame stessa di Dio, il suo desiderio infinito di donarsi, nell’amarti». L’amore infatti è sempre un assoluto: desidera tutto. L’amore è come il fuoco, che non dice mai “basta”. Dio tutto si dona all’uomo, per essere la sua stessa vita: corpo, sangue, anima e divinità, e al tempo stesso chiede che l’uomo gli dia tutto, perché nell’amore non si sopporta la parzialità, il donarsi “fino a un certo punto”. Ebbene, la fame di Dio allora è assoluta: Egli desidera darsi totalmente perché Dio è amore, e non altro che amore.

Con santa Faustina Kowalska Gesù si lamenterà del fatto che gli uomini sono indifferenti a questo amore, che non credono all’amore di Dio per l’uomo. Questa sofferenza è vera e piena, perché Dio è atto infinito di dono di Sé. Nel comunicarci alla Santa Messa noi dunque diamo a Dio di potersi travasare in noi, di potersi donare, anche se non avvertiamo nulla sul piano sensibile. Dobbiamo solo credere, aprire la bocca, come dice il Salmo: «Apri la tua bocca, la voglio riempire». Dio desidera riempirci di Sé. Gli Apostoli, come tutti i cristiani da quel giorno in poi, non devono fare altro che umiliarsi, aprire docilmente la bocca e il cuore e ricevere tutto Dio, ossia tutto il Paradiso.

Ci può essere qualcosa di più grande di questo nella storia dell’umanità?

(Fonte: Meditazioni di padre Serafino Tognetti Ed. Il Timone)