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Gli Appelli del Messaggio di Fatima

Per  una maggiore comprensione del messaggio che “Nostra Signora del Rosario” ci ha dato a Fatima, affidandolo ai tre Pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta, ogni sabato, escluso il primo sabato del mese, leggiamo e riflettiamo su  alcuni stralci dell’opera “ Gli Appelli  del messaggio di Fatima”  scritto da Suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato ( nome assunto da religiosa da Lucia dos Santos, pastorella di Fatima).

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Appello alla recita quotidiana del Rosario

Decimo appello del Messaggio: Questo appello è stato fatto la prima volta il 13 maggio del 1917, quando i tre poveri bambini di Aljustrel stavano pascolando il loro gregge nel campo chiamato Cova di Iria (parte 1 di 4)

Come al solito, dopo mezzogiorno, i tre bambini mangiarono e pregarono. Poi per passare il tempo si misero a fare un piccolo muro a secco intorno ad un arbusto chiamato « moita », che si usava in genere per fare delle scope, e perciò volevano proteggerlo affinché gli animali non lo mangiassero. Questo perché quando trovavano questo tipo di arbusti in buone condizioni, amavano farli crescere per farne poi delle scope che portavano alla mamma quando tornavano a casa la sera.

Allora per i bambini era una festa vedere i genitori contenti dei loro regali e delle loro carezze, perciò facevano a gara nel ricercare tutto ciò con cui, più e meglio, potevano dare piacere e gioia. Poveri sì, ma felici! Perché ciò che dà la felicità non è la ricchezza né i divertimenti, spesso pericolosi, ma l’amore. In verità, amare e sacrificarsi per amore è ciò che dà ai focolari la felicità, la gioia, la pace e il benessere.

Come stavo dicendo, gli umili bambini si divertivano tranquilli giocando, quando all’improvviso furono sorpresi dal riflesso di una luce che loro supposero trattarsi di un lampo. Il giorno era sereno, il sole brillava chiaro come nei momenti migliori della primavera, ma i bambini erano così piccoli che non sapevano neanche esaminare l’aspetto dell’atmosfera. Abituati a vedere i lampi solo quando ci sono i tuoni, non pensarono ad altro se non a radunare di corsa il gregge per tornare a casa, prima che si scatenasse una tempesta.

Fatti pochi passi in discesa dalla costa, i loro occhi vengono feriti dal riflesso della stessa luce che credono sia un secondo lampo, il che li costringe ad affrettare ancor più il passo e radunare le pecore con maggior diligenza. Ancora qualche passo e all’incirca a metà della costa si fermano, sorpresi nel vedere su un piccolo leccio la bella signora di luce. Non hanno paura, perché il soprannaturale non incute paura, provoca appena una gradevole sorpresa di affascinante seduzione.

La dolce signora schiude le labbra e, come ad iniziare un dialogo, si rivolge ai bambini con le seguenti parole: « Non abbiate paura, io non vi faccio del male ».

Credo che queste parole della Nostra Signora – Non abbiate paura – non si riferissero alla paura che avremmo potuto avere di lei, perché sapeva bene di non incuterci paura. Dovevano perciò riferirsi alla paura che ci faceva scappare frettolosamente dal supposto temporale che credevamo stesse per scatenarsi. (…)

Rotto il silenzio e incoraggiata dalla fiducia che la dolce signora ispirava, le chiesi: « Di dove siete? ». « Sono del Cielo » – mi rispose. « E che cosa volete da me? » domandai.

E rispose: « Sono venuta a chiedervi di tornare qui per sei mesi di seguito, il giorno 13 alla stessa ora, poi vi dirò chi sono e cosa voglio. Poi tornerò qui una settima volta ».

Mentre ascoltavo questa risposta, il pensiero che stessi parlando con qualcuno venuto dal cielo m’incoraggiò e le chiesi se anche a me sarebbe stata concessa la fortuna di andare in Cielo, al che la signora rispose: « Sì, ci andrai ». « E Jacinta? » domandai. « Anche lei» – rispose. « E Francisco? » insistetti. « Anche lui, ma dovrà recitare molti rosari » – rispose.

Credo che questa raccomandazione fatta a Francisco sia per tutti noi. Non che per andare in cielo sia condizione indispensabile quella di recitare molti rosari nel senso stretto della parola, ma pregare molto sì; naturalmente per quei poveri bambini recitare il rosario ogni giorno era la forma di preghiera più accessibile, cosi come lo è ancor oggi per la maggior parte delle persone, e non vi è dubbio che difficilmente qualcuno si salverà senza pregare.

Sappiamo bene, quanto siamo deboli, quanto facilmente scivoliamo e cadiamo. Senza l’aiuto della grazia, non riusciremo ad alzarci né a vincere le tentazioni. Orbene, questa forza di cui abbiamo bisogno e che ci viene dalla grazia, la otteniamo solo dall’incontro della nostra anima con Dio attraverso la preghiera. E stato ciò che Gesù Cristo ha detto e raccomandato ai suoi Apostoli poco prima di consegnarsi alla morte per noi: « Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole » (Mt 26,41).

Egli ci ha dato l’esempio preparandosi al sacrificio ed alla morte con la preghiera del Getsemani. Inoltre, tra le altre cose, nel Padre Nostro ci ha insegnato a chiedere: « e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male » (Mt 6,13).

Tornando all’apparizione di Nostra Signora… Mi ricordai poi di chiederle di una ragazza che conoscevo, che era morta da poco; la risposta data da Nostra Signora ci garantisce la verità dell’esistenza del Purgatorio, e al tempo stesso è un’ulteriore prova che dobbiamo pregare.

Narra il testo sacro che san Pietro avvicinandosi a Gesù gli chiese: « “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?”. E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette” ». E continuò:

«”A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello” » (Mt 18,21-35).

Questo servo, che per il debito accumulato correva il rischio di essere condannato, si gettò ai piedi del suo signore, supplicandolo di avere pietà e di concedergli un tempo di attesa per poter saldare i suoi debiti: « Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa ». Ebbene, in questa possibilità di avere ancora un tempo per soddisfare quel che manca da pagare possiamo vedere un’immagine di ciò che avviene con il Purgatorio: questo è un tempo di attesa per purificarci delle mancanze lievi non confessate e per soddisfare la riparazione che ancora dobbiamo per i nostri peccati perché, mentre eravamo in questo mondo, non abbiamo fatto abbastanza

penitenza per essi.

All’inizio il servo della parabola ha supplicato ed ottenuto il perdono assoluto di tutto, ma poi ha peccato nuovamente mostrandosi crudele con il suo compagno e ha dovuto così fare penitenza e pagare tutto quanto doveva al suo signore. Così succederà a noi – concludeva Gesù Cristo. La stessa cosa succederà a noi se, oltre al perdono che chiediamo e otteniamo nel sacramento della penitenza per i nostri peccati, non avremmo fatto una degna riparazione per essi, nella quale è sempre incluso l’obbligo di essere misericordiosi con il prossimo, come Dio lo è stato con noi. ……….